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Con Marco Scarponi, per una mobilità nuova in sicurezza

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sicurezza stradale

Legenda
M: Marco Scarponi
F: Filippo Catania

F: Ciao Marco, raccontaci cos’è la Fondazione Michele Scarponi

M: Ciao ciao Filippo! La Fondazione Michele Scarponi è nata per ricordare Michele. Innanzitutto nel modo più bello e utile possibile che è quello di lottare affinché nessuno muoia più come come è morto Michele sulla strada: lo abbiamo pensato io, mio padre, mia madre, mia sorella, la moglie di Michele Anna. Ci occupiamo di sicurezza stradale, di mobilità sostenibile e dei familiari delle vittime della violenza stradale. La fondazione è una formazione ancora molto giovane perché ha appena 2 anni: ci vuole tempo per strutturarsi e per fare delle belle cose però ci stiamo impegnando tantissimo anche perché Michele ci ha lasciato tanta energia e tanta tanta tanta forza.

F: avete in corso numerosi progetti, alcuni importanti.

M: Sì abbiamo iniziato a fare progetti molto importanti Anche se poi adesso con l’emergenza purtroppo della pandemia si è bloccato un po’ tutto. Comunque sì abbiamo portato avanti un progetto legato alle scuole e poi un progetto più approfondito che abbiamo chiamato “precedenza alla vita” con il quale abbiamo visto oltre 8000 studenti nel 2019. È stato veramente un tour de force e speriamo che il rapporto con le scuole continui anche se adesso non sappiamo come sarà la situazione nel prossimo anno scolastico. Però speriamo di entrare nelle scuole in maniera decisiva perché è importante parlare di questi temi, parlare di mobilità, parlare di violenza stradale in un modo forse più giusto, più nuovo come stiamo cercando di portare avanti.

F: hai trovato risposta, che tipo di risposta dai giovani?

M: ho trovato Innanzitutto una cosa che non mi aspettavo: gli studenti di tutte le età stanno cambiando rispetto alla mia generazione, rispetto alla generazione di mio padre nel senso che sono pronti ad accogliere qualcosa di diverso dalla strada. Noi puntavamo sulla velocità e non vedevamo l’ora di prendere la patente: anche adesso c’è questo, molto più lieve e quindi è lì che dobbiamo intervenire, è lì che gli adulti devono andare ad infilarsi e passare un messaggio importante. I ragazzi sono pronti, per quello che ho visto io, e gli adulti non sono pronti, gli insegnanti, i genitori e le persone di una certa età. Noi siamo molto legati all’automobile dai 30-40 anni in su e per la generazione di mio padre senza auto si sente persa e nuda. Quindi è un problema insegnare una mobilità nuova se tu non la pratichi. E poi è impossibile anche che non modifichiamo la storia di fronte alla scuola, i ragazzi sarebbero pronti, ma noi non riusciamo a dargli le condizioni che meriterebbero. Questo quello che penso. Con la fondazione spero di riuscire a metterli in condizione di muoversi bene, sicuramente in maniera nuova, in maniera giusta, senza inquinare, senza occupare tutto questo spazio e devastarlo come stiamo facendo oggi. Questo è importante. Tra gli altri progetti stiamo portando avanti il documentario che tu hai visto, Gambe, e che adesso stiamo cercando di promuovere anche attraverso nuovi canali sui social: a breve ci saranno delle novità. È il documentario della fondazione che parla della nostra mission: stiamo promuovendo attraverso ildocumentario zone 30 in tutta Italia attraverso anche l’intervento di Matteo Dondé che collabora con noi: ad esempio oggi a Jesi, qui nelle Marche, siamo riusciti a far passare in questi giorni le zone 30 e ci sarà presto una sperimentazione anche qua nelle Marche finalmente. E quindi il COVID-19 ha accelerato certi interventi che sarebbero arrivati più tardi, probabilmente. Speriamo che si acceleri ancora di più perché perché questa è la strada, questa la strada che ci richiede la Terra, che ci richiedono i nostri figli, che ci richiede proprio la vita! Speriamo di fare tutto il più in fretta possibile, di scendere dall’auto molto prima volta che non venga più perché questa la strada

F: Michele era un grande campione: lo seguivamo tutti, insieme a tutti gli altri: ma il mondo dello sport come accoglie le tue e le nostre istanze di sicurezza sulla strada

M: Io ho sempre pensato e penso ancora che si possano fare tante cose attraverso lo sport, con il mondo dello sport da cui viene Michele. Certo che il mondo dello Sport sembra a volte dimostrare di avere un’altra un’altra missione nel senso che c’è un modo di guardare la sicurezza, di guardare la mobilità molto autoreferenziale. Il ciclismo è uno sport che ha come stadio la strada che passa davanti casa di ognuno di noi quindi è uno sport che deve per forza comunicare con la società, non può non può rinchiudersi dentro uno stadio. Quindi la federazione, gli sportivi, i campioni, i DS devono sempre pensare a mettere i ragazzi in sicurezza sulla strada: sono impegnati per questo, ma lo fanno in maniera molto molto lieve. Secondo me a volte fanno delle belle cose a livello generale, sembra che l’obiettivo principale non sia quello di cambiare la strada. ma quello di far sì che ci siano meno incidenti possibili. Ma è una cosa difficile perché gli sportivi hanno come missione quella di fare velocità e quindi c’è molta difficoltà a capire che invece la velocità, in questo caso dell’automobile, è un problema. Gli sportivi cercano di arrivare prima, di gareggiare, hanno questa missione e non riescono a guardare bene nella sua globalità il problema della della mobilità e della della sicurezza stradale. È molto difficile, però io penso che lo sport debba cambiare soprattutto a livello giovanile, deve iniziare con le scuole di ciclismo a promuovere un’educazione non solamente sportiva o, meglio, sportiva ma più ampia, che abbia come punto di riferimento appunto la strada e il cambiamento della strada. Faccio un esempio: si parla molto di ciclodromi ultimamente, impianti in cui bambini e ragazzi si possono allenare in sicurezza e vanno benissimo. Però rimane una riserva capisci? poi quando i bambini avranno 11 12 13 anni dovranno prima o poi andare sulla strada. Il progetto di un ciclodromo sarebbe perfetto se fosse poi costruita nello stesso tempo anche la strada che ci porta al ciclodromo in modo tale che i bambini raggiungano il ciclodromo in bicicletta già su una ciclabile, su una strada sicura e quindi il messaggio passa anche fuori dal microfono. È su questo che dobbiamo lavorare! Le società ciclistiche non devono solo creare i campioni di ciclismo, devono creare veramente una nuova una nuova visione della strada attraverso il ciclismo. Poi se viene fuori il campione per venga, però dobbiamo metterci su questa lunghezza d’onda altrimenti ci perdiamo un grande aiuto che può essere quello dello Sport. I professionisti fanno molta difficoltà a prendere in mano questa battaglia: ci sono, ma potrebbero fare molto di più; essi non vengono da una storia che non li mette in questa condizione. di vedere chiaramente la strada purtroppo.

F: Marco i tuoi prossimi impegni del dopo COVID?

M. con la fondazione adesso stiamo facendo la campagna del 5 x 1000 che è tutta Social e ognittanto, non so se ci hai fatto caso, mandiamo dei video con dei personaggi: anche in questo caso ci aiutano anche professionisti e professioniste, ma anche ciclisti urbani, tifosi, tutti stanno mandando i loro video per sostenere la fondazione. Da settembre speriamo di ricominciare: abbiamo tanti progetti. Un progetto che mi sta molto a cuore è l’assistenza ai familiari delle vittime della strada e spero di riuscire a fare qualcosa: è un mondo veramente tutto da costruire tra virgolette; tra i progetti c’è anche una pedalata che stiamo organizzando sperando che si possa fare per raccogliere fondi, ma soprattutto per portare ancora un messaggio che è sempre quello di una mobilità sostenibile, nuova sempre con meno auto al centro. Quindi seguiteci sui social, su sul sito della fondazione, ma soprattutto sulla pagina Facebook perché siamo sempre attivi.

F: il sito della fondazione, che poi pubblicherò nell’articolo che accompagnerà il podcast, è www.fondazionemichelescarponi.com

M: nel sito ci si può iscrivere alla fondazione e diventare dei partecipanti, dei soci: con € 50,00 si diventa come dire un componente della squadra della fondazione. C’è una maglietta che viene inviata a casa, ma soprattutto si viene inseriti nella newsletter potendo partecipare al nostro dibattito continuo sulla mobilità e sulla sicurezza stradale. Poi si può anche donare liberamente o il 5 per mille o quello che volete per sostenere la fondazione: sempre sul sito trovate tutto.

F: Grazie Marco! come al solito noi cerchiamo di esserti vicino e di lottare; veramente si tratta di lotta per la sicurezza stradale che è, con 3500 morti l’anno, un grandissimo problema. Grazie Marco In bocca al lupo, e speriamo di vederci presto!

M: sì sì un abbraccio grande Filippo, grazie!